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Plastica! Tutto ciò che c’è da sapere sui materiali plastici


Trasparenze dei materiali sintetici
Abbiamo visto come i progressi della moderna tecnologia del vetro abbiano trasformato il modo di concepire l’architettura, ebbene non potevamo non parlare dell’alter ego del vetro, occasione per entrare nel vasto mondo delle materie plastiche che, grazie alla loro versatilità, hanno trovato ampia applicazione nei più diversi settori dell’edilizia.

E’ la metà del XIX secolo, e nel “gabinetto alchemico di un moderno alchimista”, nasce il vetro sintetico! Se qualcuno, di fronte ad una trasparenza sintetica, può sentirsi addolorato per la mancanza dell’uso di quei scintillanti granelli di sabbia, insomma di materia naturale, deve sapere che ci muoviamo su un sentiero diverso ma parallelo, infatti si tratta ugualmente della trasformazione di materiali di natura organica, generalmente derivati dal metano e dal petrolio… parliamo delle materie plastiche oppure dette resine sintetiche.

Nascita dei materiali sintetici
E’ nel 1839, che nasce il primo materiale sintetico: l’ebanite, seguirono la celluloide, la galalite, la bachelite e successivamente tutti gli altri, avendo in comune la capacità di presentarsi in vari stati fisici diversi tra loro, ma differenziati dalle diverse tecniche di lavorazione e dai diversi addittivi usati, così da tale alchemia è nato un recipiente di plastica, o una pellicola per fotografia, o una lastra trasparente!

Inizialmente rappresentarono solo il frutto di una ricerca, trovando difficile una loro collocazione sul mondo del mercato. Fu l’industria bellica degli anni trenta che sviluppò la produzione, per poi interessare gli operatori edili ed in Germania si iniziò la produzione di lastre in policarbonato, che è rimasto uno dei prodotti sintetici più diffusi al giorno d’oggi.
La definizione di materie plastiche, deriva dalla comune proprietà di ridursi allo stato plastico, in presenza di una fonte di calore.
Attualmente si è arrivati a produrre lastre trasparenti di ampie dimensioni, che per questa caratteristica si sono affiancate all’uso del vetro tanto da divenire materiali ampiamente usati nell’edilizia moderna. Rimanendo in tale ambito, bisogna distinguerli in due gruppi: i polimetilacrilati di metile e i policarbonati, entrambi polimeri termoplastici.

Polimetilacrilati di metile
Il processo di sintesi è vecchio se paragonato alla recente nascita delle materie plastiche, infatti risale al 1877, ma solo negli anni trenta la nuova tecnologia ha permesso l’utilizzazione a livello industriale e quindi la sua diffusione.
Possono essere a basso peso molecolare o ad alto peso molecolare (catene polimere più lunghe e complesse) ed è questo il caso che ci interessa; tale materiale risulta rigido, trasformabile in lastre, incolore, presenta ottime qualità ottiche, in quanto lascia passare il 99% della luce solare ed il 73% delle radiazioni ultraviolette, dimostrando resistenza all’usura causata da tali raggi. Buona è pure la resistenza meccanica, ma le lastre tendono a graffiarsi facilmente (ragion per cui si è continuato a preferire il vetro) e si deformano a temperature intorno agli 80°C.
Vengono prodotti e conosciuti sotto diversi brevetti: Plexiglass, Acriloyd, Perspex, Vedril.

Policarbonati
Più recenti rispetto ai polimetilacrilati, nascono nel 1959. Sono prodotti organici costituiti essenzialmente dal carbonio in combinazione con l’ossigeno, l’idrogeno e l’azoto, talvolta con atomi inorganici di cloro e fluoro. La produzione è basata su derivati di metano e petrolio.

Resistono meglio al calore (fino +230°C e –100°C), alla trazione e agli urti. La trasparenza risulta elevata e lo stesso la resistenza all’azione dell’acqua e della luce, tanto che vengono utilizzati per ambienti esterni. Sono conosciuti con il nome di commercializzazione, il primo ad uscire sul mercato è stato Makrolon (Bayer), poi Lexan (General Electric) ecc…
Tuttavia bisogna sottolineare che il costo di produzione resta più elevato di quello del vetro, anche se l’interesse per questi prodotti aumenta con l’evolversi delle tecniche produttive. Attualmente sono utilizzati per cupole, pensiline, barriere al rumore, gallerie, elementi divisori trasparenti e blindati per banche, coperture per impianti sportivi ecc… Pertanto, in edilizia, affiancano l’uso del vetro, senza tentare di sostituirlo.

Termoplastiche e termoindurenti
Le materie termoplastiche conservano la plasticità a caldo anche in cicli successivi (riciclaggio) e possono riacquistare la rigidità mediante semplice raffreddamento. Ne citiamo alcune tanto per averne un’idea: celluloide, cellophan, nylon, PVC, vinavil, moplen, siliconi ecc…
Le sostanze termoindurenti, dopo una prima fase di lavorazione, subiscono una modificazione chimica che le rende infusibili e rigide in maniera definitiva, praticamente non sono riciclabili, come ad esempio: la bachelite, i laminati plastici, la vetroresina, le resine epossidiche ecc…

Additivi
Nella fabbricazione delle materie plastiche, normalmente vengono impiegati degli additivi, per modificare e migliorare le caratteristiche tecnologiche in base a ciò che si vuole ottenere. Non risparmiamo al lettore un breve elenco degli additivi, perché in ciò leggiamo la sapiente capacità umana di inventare, provare e aggiungere del nuovo per migliorare le materie plastiche con quei prodotti che così possono essere classificati: agenti rinforzanti (per aumentare la resistenza meccanica e diminuire il costo finale), plastificanti (diminuiscono la rigidità della resina), coloranti ( servono a dare la colorazione voluta), lubrificanti ed antiadesivi ( servono ad impedire che durante la lavorazione le materie plastiche aderiscano sulle superfici metalliche degli stampi), e poi solventi, induritori, stabilizzanti, inibitori, acceleranti e rigonfianti.

Metodi di lavorazione
I processi di lavorazione industrialmente più usati sono:

Stampaggio ad iniezione: adatto per la produzione di resine termoplastiche, è il sistema più diffuso per produzioni di serie e consiste nell’iniettare la massa fusa in uno stampo, per poi raffreddare il materiale in modo che solidifichi all’interno di esso.

Estrusione: adatto per la produzione di resine termoplastiche, consiste nello spingere in una filiera la massa plastica fusa in modo che ne assume il profilo e successivamente si raffredda. Con questo tipo di lavorazione, si possono ottenere lastre o profili (tipo quelli utilizzati per gli infissi), di lunghezza teoricamente infinita.
Stampaggio per compressione: si usa per le resine termoindurenti e si basa sulla loro proprietà di solidificarsi se sottoposte a calore.

Arnesi da lavoro
A differenza delle lastre di vetro, grande vantaggio dei materiali plastici, sia quelli termoplastici che termoindurenti, è quello di poter essere facilmente lavorati, usando gli stessi utensili che si adoperano per il legno o le leghe leggere, si possono quindi tornire, fresare, forare con il trapano, inchiodare, avvitare, tagliare con le cesoie, segare, rifinire con pialle, raspe, smerigliatrici, ecc. L’unione di due o più prodotti può avvenire anche per saldatura o incollaggio.

Applicazione delle materie plastichenei diversi settori dell’edilizia
I vantaggi offerti dalle materie plastiche sono la leggerezza, la flessibilità, la resistenza meccanica e la resistenza agli agenti chimici.
Le materie plastiche grazie alla loro versatilità trovano applicazione nei più diversi settori dell’edilizia, come: coperture (il polietilene ad alto grado di polimerizzazione, nato nel secondo dopoguerra, e il poliestere, una resina espansa), infissi, tubazioni, pavimenti, isolamento termico ed acustico, ecc…

Polimeri trasparenti
Tra i materiali polimeri vogliamo ricordare il PC, il PMMA, il PVC, le carbo-resine.

Il PC (policarbonato) ha come caratteristica di pregio la leggerezza, tanto per fare un esempio una lastra di100 x 100 cm. e di 3 mm. di spessore pesa circa 3,7 Kg., mentre una lastra di vetro, dei più leggeri e di uguale misura, pesa 6,6 kilogrammi. Tale materiale però se esposto agli agenti atmosferici ingiallisce e si graffia con facilità, perdendo i requisiti di trasparenza originari. Per ovviare a tale difetto sulle lastre si appongono delle pellicole capaci di resistere all’abrasione e all’azione dei raggi UV. Esistono in commercio PC colorati o con effetto opaline.

Il PMMA (polimetilmetacrilato), più giovane rispetto al PC, raggiunge gradi di trasparenza elevatissima, spesso superiore a quella del vetro, presenta rispetto al PC una buona resistenza agli agenti atmosferici (è più resistente alle intemperie, non ingiallisce e ha un invecchiamento ritardato), e risulta poco infiammabile. Le lastre possono essere trattate antiriflesso come il vetro o specchiate. La commercializzazione è molto diffusa e come già detto i nomi più noti sono: plexiglass, perspex,vedril ecc.

Il PVC (cloruro di polivinile) rigido. Reagisce bene al freddo, ma è sensibile all’azione dei raggi ultravioletti, per cui per impiegarlo all’esterno deve essere trattato con stabilizzanti, che con la loro azione rallentano la decomposizione fino ad inibirla, in più si tratta molto spesso il lato esposto al sole con una pellicola anti UV. Risulta essere non infiammabile.

Le vetroresine e carboresine sono le ultime ad essere nate nella famiglia dei nuovi materiali trasparenti. In realtà resine di poliestere rinforzate con fibre di vetro e prodotte in lastre sono già in commercio dal 1946, ma solo intorno al 1963 si è cominciato ad approfondire lo studio delle proprietà meccaniche delle fibre di carbonio, che insieme a quelle di vetro, hanno dato origine a materiali con spiccate qualità meccaniche, di resilienza, leggerezza e resistenza termica. Impiegate per la realizzazione di lucernari, coperture adatte all’industria edilizia o agricola, resistono bene agli agenti atmosferici, ma abbisognano di meglio resistere ai raggi UV, infatti sotto l’azione di questi le lastre tendono ad ingiallire e a decomporsi facendo affiorare in superficie le fibre di vetro, inoltre vengono trattate in superficie con un film, cosiddetto gel-coat.

Consigli utili
A causa dei tanti prodotti in commercio, è opportuno farsi consigliare da un esperto, onde acquistare il prodotto più idoneo per l’uso che se ne vuole fare.

plastica

Vetro o Plastica?
E’ ovvio che ognuno di noi, arrivato a fine lettura, riguardo l’uso dei materiali trasparenti si sta chiedendo: “Ma insomma è meglio usare il vetro o le materie plastiche?”. La risposta non è semplice. Dipende dal caso in cui si deve operare.
Il vetro sintetico è da preferire al vetro classico per la sua leggerezza e l’alta resistenza alla flessione, per cui viene in genere adottato per la realizzazione di tunnel, cupole, passaggi coperti, inoltre l’uso dei vetri organici è consigliato in tutte quelle applicazioni in cui si può prevedere una possibile rottura del materiale, come le grandi superfici vetrate nelle scuole, arredamento interno come ad esempio le balaustre, arredamento urbano come pensiline delle fermate dei mezzi di trasporto o cabine telefoniche, grandi strutture di copertura in cui necessita la trasparenza, come lo stadio San Paolo a Napoli, quello delle Alpi a Torino, quello di Palermo, nonché diversi centri commerciali.

Ma le materie plastiche non hanno ancora raggiunto il fascino della riflettenza del vetro, il livello di trasparenza che dona all’osservatore, il calore che sprigiona quando si pone a limite tra il dentro e il fuori, tra il vuoto e il pieno. Se vogliamo vedere e capire il fascino di questo antico materiale basta andare a guardare il centro commerciale di Cinecittà Due di Roma (raggiungibile in metro, linea A, fermata Subaugusta) sorto nel 1987. Dotato di negozi e punti di ristoro, è sempre affollato di gente che qui ama incontrarsi per stare insieme al di là dell’esigenza di acquistare, perché la copertura di grande volumetria piramidale a due cuspidi, non solo è un inno alla tecnologia della struttura portante, ma è anche, con l’uso del vetro, che conquista l’uomo, è una finestra aperta sul cielo, sullo spazio azzurro e assolato o su una volta nuvolosa piangente pioggia, sul bene e sul male dell’infinito.


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