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R. Gualtieri – Giorgio Amendola dirigente del Pci


Si propone uno stralcio di un saggio di Roberto Gualtieri su Giorgio Amendola. Utile per prendere contatto con la biografia del leader comunista e con uno dei più moderni studiosi di storia del Pci.

Nella rievocazione della figura di Giorgio Amendola e del ruolo da egli svolto come dirigente di primo piano del Pci, è forte il rischio di cadere in un errore di tipo “prospettico”.

Il rilievo assunto da alcune sue celebri sfide politiche e culturali – prima fra tutte quella contenuta nel famoso articolo del 1964 in cui veniva proposta la confluenza di Pci e Psi in un nuova formazione non più comunista – può indurre a caratterizzare la sua esperienza di direzione politica come quella di un coraggioso innovatore che tuttavia, per le resistenze conservatrici suscitate dalle sue proposte, o per il carattere eccessivamente anticipatore che queste avrebbero avuto, non riuscì mai ad affrancarsi da una posizione minoritaria all’interno del suo partito.

Amendola sarebbe stato, in altre parole, il simbolo di come il Pci avrebbe potuto essere ma non fu: l’uomo che cercò senza riuscirci di imprimere alla storia del comunismo italiano un corso differente, che ne avrebbe consentito con ben maggiore tempestività e solidità l’evoluzione socialdemocratica e l’approdo a una funzione di governo. Naturalmente, in questa caratterizzazione vi è molto di vero, e avremo modo nella seconda parte della nostra relazione di analizzare più da vicino le più significative sfide amendoliane e la sconfitta a cui buona parte di esse andò incontro. E tuttavia un approccio di questo tipo sarebbe parziale, e non consentirebbe di comprendere appieno né il ruolo svolto da Amendola nel suo partito e nella vita politica italiana, né la funzione assolta dal Pci nella storia del nostro paese.

In realtà Giorgio Amendola può essere considerato, forse più di ogni altro dirigente del Pci, una figura emblematica del “partito nuovo” edificato da Palmiro Togliatti. Sia in un senso generale, in quanto egli incarnò a perfezione alcuni dei tratti più peculiari di quella originale formazione politica, sia in un senso più concreto, perché il suo contributo alla costruzione del “partito nuovo” fu assolutamente determinante e condizionò in modo assai rilevante non solo l’evoluzione del Pci ma gli sviluppi dell’intera politica italiana. Allo stesso modo, quando negli anni sessanta si aprì una nuova stagione nella vita della repubblica ed il sistema politico italiano fu chiamato ad affrontare sfide alle quali esso era impreparato, Amendola fu il dirigente che in modo più acuto e tempestivo percepì le aporie e i limiti del suo partito.

Ma fu solo all’inizio del decennio successivo, quando risultò in modo più evidente e definitivo l’impossibilità di tradurre questa percezione di inadeguatezza in una strategia realistica in grado di aprire la prospettiva del governo, che egli si isolò gradualmente dal gruppo dirigente, del quale tuttavia non cessò di considerarsi e di essere un esponente autorevole quanto disciplinato, non mettendo mai in discussione quella identificazione piena con il Pci che costituisce il tratto più saliente della sua biografia politica.


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